Di seguito riportiamo l’intervista, a cura dello Studio Volpi, alla nostra User Experience & Eye Tracking Lab Manager Raffaella Calligher, che entra nel dettaglio del funzionamento della tecnologia eye tracking.
Gli strumenti di eye tracking si basano su un principio fisiologico che è il riflesso corneale alla luce infrarossa. Ogni eye tracker – sia esso integrato in uno schermo o sugli occhiali – possiede degli emettitori, ovvero fonti di luce che emettono raggi infrarossi, invisibili all’occhio umano perché al di sotto della soglia di percezione.
I raggi vengono assorbiti da tutte le parti del volto, ma non dalla cornea che, invece, li riflette. È proprio questo riflesso che, captato dalle telecamere integrate nell’eye tracker, consente di ricostruire la posizione della pupilla, differenziando il movimento dell’occhio sinistro e di quello destro.
Gli eye tracker possono avere diverse frequenze, da 30 a 2mila hertz e questo significa che la camera cattura il movimento dell’occhio da 30 a 2mila volte al secondo, registrando in molto davvero preciso quanto osservato. Un complesso algoritmo analizza poi i dati acquisiti, restituendo un risultato che traccia e spiega l’esatta posizione dell’occhio dell’utente.
IL FUNZIONAMENTO DELLA TECNOLOGIA EYE TRACKING
Che cosa comporta, nel settore delle ricerche di Marketing & Usability, poter avere un punto di vista unico sull’esperienza e sulla percezione visiva di un utente?
Lo racconta Raffaella Calligher, manager di SR Labs, un centro di ricerca attrezzato e flessibile, uno dei pochi di questo tipo in Italia e uno dei primi in Europa, che analizza i movimenti oculari e che per diversi progetti ha collaborato con Studio Volpi.
“Attraverso la tecnologia eye tracking possiamo registrare i comportamenti visivi ed esplorativi degli utenti e quindi avere informazioni molto precise sulla loro esperienza di fruizione – ad esempio se posti di fronte a un’interfaccia o a sito web – e su comportamenti di cui il soggetto stesso non è pienamente consapevole”.
EYE TRACKING NELL'HEALTHCARE
La tecnologia Eye Tracking – che nel comparto della ricerca non rappresenta una novità in senso assoluto, ma la sua introduzione a livello consumer a tutti gli effetti lo è – si differenzia in attiva e passiva. L’eye tracking attivo è assai utile per i portatori cronici o temporanei di disabilità e i malati di SLA.
Utilizzando interfacce grafiche che rispondono al movimento degli occhi, le persone possono esplorare una pagina web, interagire con i social, effettuare una call, scrivere attraverso lo sguardo. Questo tipo di tecnologia è ampiamente impiegabile nell’healthcare e porta con sé l’implicito e fondamentale vantaggio di consentire, a chi altrimenti non ne sarebbe in grado perché impossibilitato nell’utilizzo degli arti, di comunicare.
MARKETING: MIGLIORARLO CON L'EYE TRACKING
L’eye tracking passivo, invece, è tipicamente esplorativo: consente di tracciare con precisione la user experience di un utente, registrando le aree, i tempi e la successione degli spostamenti oculari intrapresi durante l’interazione con una pagina web, ma anche di fronte a un prodotto sullo scaffale di un punto vendita o davanti a una pubblicità. Se impiegato in ambito marketing, quindi, l’eye tracking passivo è uno strumento molto utile per le ricerche di mercato.
Rilevando i touchpoint che in ogni situazione e in ogni contesto attraggono l’attenzione dei soggetti esaminati, così come gli atteggiamenti involontariamente assunti dall’occhio, è possibile migliorare quanto realizzato e quindi incidere positivamente sull’esperienza utente.
INFORMAZIONI PRECISE, OLTRE IL LIMITE DELL’ESPLICITO
“Con questa tecnologia – racconta Raffaella Calligher – possiamo superare i limiti dell’esplicito e i bias cognitivi in cui ci si può imbattere quando si utilizzano metodologie tradizionali come interviste e questionari, ovvero l’impossibilità di sapere se le risposte fornite verbalmente dai soggetti durante i test sono obiettive e trasparenti.
Con l’eye tracking entriamo nella sfera dell’implicito, perché è impossibile forzare il movimento oculare, che è un movimento balistico, ovvero che risponde a ciò da cui è attratto. Questo ci permette di avere risposte molto più precise e accurate, di sapere esattamente se di fronte a un task l’utente va dritto all’obiettivo, se le istruzioni fornite sono sufficienti o vanno integrate, se un determinato contrasto cromatico è corretto. Se abbiamo questo tipo di informazioni, possiamo migliorare il nostro prodotto, qualsiasi esso sia”.
L’eye tracking è una tecnologia che possiamo definire smart. Rispetto al passato, è più semplificata, sofisticata, miniaturizzata. E sempre più applicabile a comparti e strumenti diversi. “Oggi siamo in grado di integrare l’eye tracking all’interno di altri sistemi per potenziarne le loro funzionalità”, approfondisce Raffaella Calligher.
“In ambito museale abbiamo realizzato un chiosco interattivo, un punto informativo a controllo oculare. L’installazione interagisce con la persona e di rimando fornisce contenuti adatti al target. In questo campo l’eye tracking ha una funzione educational, ma lo stesso principio è applicabile a promoter digitali che possono essere installati in aeroporti, stazioni e centri commerciali. Negli ultimi anni abbiamo registrato un importante incremento nella richiesta di servizi e prodotti con tecnologia eye tracking, integrabili anche con visori a realtà aumentata o all’interno delle automobili per monitorare l’attenzione durante la guida. Credo che in futuro – conclude – andremo sempre più verso un maggiore utilizzo di questa tecnologia”.
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